Lucha al terrorismo (V)

lucha al terrorismo

Post n°5 pubblicato il 22 Febbraio 2009 da viajera67

V. Una settimana dopo, me ne andavo in giro per la città, quando mi sentii chiamare. Era José, l’avevano appena liberato. Lo invitai a casa mia, cosi, per fare due chiacchiere. Gli regalai due libri di poesia: uno di Cesar Vallejo, e un altro di Mario Benedetti. Eravamo appassionati di letteratura latino-americana e lui avrebbe dovuto terminare gli studi che la guerra civile gli aveva interrotto. Cosa farai adesso?, gli chiesi. Mi comprerò un mototaxi, cosi porterò in giro la gente. Ma sono qui anche per raccontarti un’altra storia.

Il giorno in cui fui arrestato, mi portarono in una stanza, nella quale c’era una ventina di altri ragazzi. Eravamo tutti bendati, con le mani legate. Entravano e ci torturavano uno alla volta, ma la cosa peggiore era sentire le grida degli altri compagni. In quel momento pensi: adesso prendono anche me. L’incertezza ti ammazza. Non senti più il corpo. Non hai più né fame, né sente, né sonno. Ti gira la testa e, se cadi per terra, ti picchiano perché ti rialzi. A un certo punto, ci dissero che ci avrebbero trasferito, e fu quasi un sollievo.  

Durante il tragitto, per lo meno, sarebbe stato difficile abusare di noi. Era come cambiare aria, dare una speranza alla vita. Ci misero sulle auto come se fossimo dei fagotti, ci insultavano, eravamo pieni di lividi e di sangue. A un certo punto uno dei camion si fermo’; poi si fermarono anche gli altri, in fila. Rimanemmo in silenzio aspettando il peggio. Intorno a noi solo il rumore delle onde del mare.

Giulia era seduta accanto a me, ma capimmo che venivano per portarsela via. Lei gridava, ma non ci fu nulla da fare: colpivano anche noi, che ci aggrappavamo al suo corpo come se fosse la nostra ultima speranza di vita. Sentivamo le sue urla quando, uno dopo l’altro, abusarono di lei. Io accorsi in suo aiuto, ma una canna di fucile mi colpi’ alla nuca, e svenni in acqua.  

Mi ripresi qualche minuto dopo, portato a riva dalle onde del mare. “Ha mai denunciato Giulia, questa violenza?”, chiesi. “Certo, fini sui giornali. E furono tutti premiati, per il servizio reso allo Stato. Erano diciassette, tutti bravi padri di famiglia”.

Quando andai a trovare Giulia mi presento’ Laura, sua figlia. Mi portai dietro dei secchielli, delle macchinine di plastica, cosi che lei giocava ed io potevo parlare con la mamma. “Mi tennero due anni in carcere, anche dopo la violenza. Poi mi liberarono senza spiegarmi neppure perché mi avessero messa li’. Erano diciassette bestie e mi violentarono senza pietà. Sanguinavo da tutte le parti, svenni varie volte, mi sentivo più morta che viva, e questa la chiamarono lotta al terrorismo”.

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