Caro compagno…

 I compagni non si rendono conto di quanto possa essere castrante, per una donna, prendere la parola in un’assemblea gestita da uomini che intervengono per ore ed ore, e che monopolizzano il dibattito, sia nei contenuti che nelle forme della comunicazione… Quanto possa essere inibente notare che quando le donne parlano, gli altri non le ascoltano, e ne approfittano per scambiarsi qualche commento, qualche ba ttuta, o per uscire fuori a fumare una sigaretta…. Quanto possa essere triste sentirsi escluse dalle conversazioni collettive soltanto perché non ci si é vissute gli storici anni ‘70, e non si é letto nulla sull’argomento… Quanto possa esser patetico e irritante sentirsi chiamare “pischellette”, “giuggiolone”, belle simpatiche ed intelligenti, interessate ad una crescita politica complessiva, però poco stimolanti intellettualmente perché carenti di informazioni utili sui vari argomenti ritenuti “prioritari”….. Quanto possa essere volgare sentirsi escluse di giorno, come persone, e corteggiate di notte, come soggetti pulsionali, quando un compagno si rapporta a te e ti chiede il parere su questo o su quell’altro argomento solo per portarti a letto e dimostrarti la sua virilità, dopo averti “sciorinato” la sua immensa cultura politica…. Che le donne a questo punto smettano di parlare nelle assemblee pubbliche, mi sembra la logica conseguenza di tutto questo e di altro ancora.

 

Che decidano di riunirsi in collettivi di sole donne e finalmente di viversi la politica in maniera diretta, mi sembra la cosa più arricchente del mondo. Perché in questo modo si rendono conto del loro valore come persone e decidono di darsi visceralmente al movimento, senza falsi pudori e senza patetici contentini. Gli uomini ce lo hanno insegnato, il Potere non lo si mendica, ce lo si prende. Così noi donne ci stiamo organizzando per prenderci quello che ci spetta, e per urlare forte la nostra diversità, il nostro coraggio e la nostra rabbia…. Non abbiamo pregiudizi per le diverse forme di amore, per quello lesbico, etero, gay o quant’altro. Ognuno deve essere libero di amare come meglio crede se stesso e gli altri all’interno di una società davvero disposta a mettere in discussione i pilastri del proprio potere costituito. A noi la società (etero)sessista, patriarcale, omofoba e divisa in classi non piace. Se tutto questo non piace neppure a voi, potremmo pensare di discuterne insieme. Se una donna viene stuprata oppure “semplicemente” molestata all’interno di un centro sociale, questo deve mettere tutti, ma proprio tutti, in discussione. Lo stupro non é qualcosa che riguarda solo i collettivi femministi, così come l’aborto, la contraccezione e le discriminazioni sessuali. Di questi temi se ne deve discutere in assemblea generale accanto al no profit, al presidenzialismo, ed alle birre da comprare per la gestione del bar. Che qualcuno consideri lo stupro meno importante dell’ “alta” politica, é semplicemente scandaloso. Che poi tutto questo accada all’interno dei centri sociali é ancora più vergognoso e patetico. E che in seguito a tutto questo le donne decidano di non rapportarsi pubblicamente agli uomini, che smettano di far politica e di viversi la militanza ovviamente rappresenta una perdita significativa per l’intero movimento antagonista. Ma questo é un problema che tanti neppure si pongono, come si può ben intuire… per cui passiamo oltre , e. facciamo qualche esempio concreto.

Un fascista, o un presunto tale, viene sbattuto fuori dai centri sociali a malo modo, anche se é giovane, inesperto e confuso. Un sessista no. Viene legittimato, forse biasimato, in un certo senso anche stimato dai compagni vari. Criticato apertamente mai. Ci si rivolge a lui sempre con un sorriso complice e lo si consola con una pacca sulla spalla. Non gli viene mai richiesta una pubblica messa in discussione, una critica alla sua mentalità bigotta ed ai suoi comportamenti sessisti. Per sbatterlo davvero fuori da un centro sociale occorre che egli abbia fatto qualcosa di grave, di molto, molto grave. Altrimenti tutti sono disposti ad accettarlo ed a giustificarlo su tutta la linea. Si sa, lui in fondo é un maschio, é un uomo che vive visceralmente la propria vita. E’ stimolato a frequentare a testa alta i centri sociali e le varie aree antagoniste perché si, magari é un po’ rozzo, un po’ crudo, ma in fondo in fondo é sempre un compagno, un proletario, una persona che lotta per una giusta causa e che crede nel comunismo.

Le care compagne poi, del resto, devono anche capirli, gli uomini… Si vestono in maniera stravagante, si scatenano ballando sino all’alba, danno confidenza un po’ a tutti, accettano passaggi dagli sconosciuti, sono disposte ad essere ospitate in casa di gente incontrata al bar, e si considerano, in maniera provocante, libere, emancipate e seducenti. E’ naturale quindi che un uomo, un compagno, ci provi con loro. Che faccia loro capire quanto la sua virilità sia forte ed esplosiva e quanto possa essere “eccitante” passare la notte con lui. Deve considerare che la perdita, nel caso in cui lei non accettasse l’invito, sarebbe davvero notevole, ed il rimpianto le potrebbe sconvolgere l’esistenza.

Per questo lui ci prova e ci riprova fino alla nausea. Non é poi vero forse che le donne quando dicono di no in fondo in fondo vorrebbero dire di si? Allora é meglio insistere, così che le stesse compagne si convincono di quello a cui stanno per rinunciare. Non potrà mica pensare che l’uomo che ha di fronte sia poco determinato oppure, peggio ancora, abbia “quelle tendenze lì”? Il potere sessuale é anche potere economico e potere politico. Sempre e comunque capacità di scelta e di gestione del proprio corpo e di quello altrui, del proprio tempo, dei propri spazi, e di quelli degli altri. Per questo i compagni preferiscono essere chiamati stronzi, violenti, sessisti, rozzi ed insensibili, piuttosto che “froci”, “invertiti” o “culattoni”. La sessualità, le proprie intime pulsioni sessuali, sono cose davvero serie, per loro, sono cose per cui ci si gioca la faccia. Credono, in questo modo, di aver scoperto l’uovo di Colombo.

Peccato che si dimentichino troppo spesso che le cose si fanno e si desiderano in due (o in più di due, con più fantasia….). Le donne dovrebbero essere sempre e comunque complici, compagne, amiche ed amanti dei loro meravigliosi giochi erotici e dei loro stupendi incontri pulsionali. Se non lo sono e qualcosa non va per il verso giusto, occorre fermare il tempo, riflettere sul da farsi, e mettersi in discussione. O almeno tentare di farlo.

Per non parlare poi della cultura bigotta e bacchettona, che ancora sopravvive in alcuni spazi collettivi, e che legittima la libertà sessuale solo del genere maschile e non di quello femminile. Se agli uomini piacciono certe pratiche sessuali, ovviamente piacciono anche a noi. Ma quello che i compagni dovrebbero capire é che quando ci si diverte in due, ci si rispetta pure, in due, e questo lo si fa anche a distanza di un mese, di un anno o di un secolo dall’ultimo incontro “intimo”, o “confidenziale” che sia. Questo però molti stentano ancora a fissarlo bene nella loro piccola e fragile scatola cranica…

Io la rivoluzione accanto a voi, cari compagni, non la voglio proprio fare. Non voglio mettermi in gioco per realizzare i vostri sterili progetti di antagonismo e di cooperazione sociale, senza prima aver analizzato bene quali sono i miei reali bisogni e desideri….. Non voglio essere derisa se decido di amare una donna, se pongo degli interrogativi ai quali non so rispondere, se voglio intervenire in assemblea e sono confusa, e non so ben esprimere i vari concetti . Se devo leggere i libri “sacri” del marxismo-leninismo, per analizzare un po’ meglio la società nella quale vivo, vorrei che anche voi vi poneste il problema di affrontare tematiche differenti dalle solite, e vi acculturaste un po’ di più, leggendo libri e confrontandovi sulle dinamiche di potere, sul femminismo, la sessualità, sul controllo demografico, che forse si vivrebbe meglio un po’ tutti …. voi per primi e noi per seconde……

Se fossi stuprata, insultata o molestata, vorrei che ogni uomo, ogni compagno che si definisca tale, interrompesse qualsiasi assemblea di “alta” politica e decidesse di discutere collettivamente la questione. Non voglio solo essere tutelata per la mia testa, per la mia crescita intellettuale, all’interno dell’area dei centri sociali, ma anche e soprattutto per il mio corpo, per i miei desideri più intimi, per le mie pulsazioni più profonde. Io non parlo solo col cervello, con la razionalità: mi esprimo anche attraverso i sentimenti, le incertezze, le tensioni e le sconfitte. Non ve ne siete mai accorti? Eppure non ho mai fatto nulla per nasconderlo, o almeno, così mi pare …

Dovreste iniziare ad imparare anche voi dalle compagne, a guardarle in faccia e ad ascoltare le loro richieste non solo in camera da letto, quando siete eccitati, ci sono le luci soffuse e la musica bassa, ma anche nelle assemblee politiche e nelle riunioni di gestione, quando l’attenzione é rivolta ad altri piani e ad altri soggetti. Che le donne, dopo tante delusione e sofferenze, inizino a fuggire dai centri sociali e dalle aree antagoniste, hanno iniziato ad accorgersene un po’ tutti: dai compagni più attenti a quelli più distratti. Da quelli che desiderano davvero un confronto paritario con le donne e danno loro legittimità politica e dignità sociale, a quelli che semplicemente hanno iniziato ad “andare un po’ in bianco”, e per questo considerano le donne solo un po’ più scarsine dal punto di vista numerico ed un po’ meno disponibili dal punto di vista “pratico”.

Quanti compagni hanno fomentato la loro fama di conquistadores semplicemente parlando a letto, di politica, con tante compagne interessate all’argomento, e quanti altri invece se la son presi con le donne perché “dopo quella notte lì” si ostinavano ancora a chiedere loro informazione sulla gestione tecnica o politica del centro sociale? Libertà sessuale e rapporti non vincolanti non vogliono forse dire che ognuno poi, si comporta come meglio crede, ostentando indifferenza come se nulla fosse accaduto? Che si faccia finta che non ci sia mai incontrati, conosciuti, o desiderati? Quanti bei risolini tra maschietti ad ironizzare sulle varie pratiche sessuali e sul controllo dei corpi altrui….

Questo vi fa davvero sentire belli, intelligenti e virili? Non vi stupite allora del fatto che le donne abbiano difficoltà a prendere un microfono in mano, ad ascoltare per più di dieci minuti sterili e noiosi monologhi collettivi, e che decidano di abbandonare la militanza politica e si rinchiudano nel loro privato. Al di fuori dei centri sociali, la società capitalista e patriarcale penalizza più loro che voi, impone sacrifici immani alle donne, le umilia in mille modi, le costringe a rinunciare al lavoro, allo studio, ad una vita più dignitosa, e voi sembrate non accorgervi proprio di nulla….. Dormite, cari compagni, voi dormite davvero sugli allori!

Teorizzate su tutto, sull’alta finanza, sull’alta politica, sul cambio dei tassi di interesse, sulla caduta tendenziale del saggio di profitto, ma non su voi stessi, sulle vostre paure e le vostre incertezze…. Fingete di non capire che è proprio l’omofobia, la paura delle pulsioni omoerotiche, che vi spinge a dover sbandierare ai quattro venti le vostre conquiste in campo sessuale. Avete forse paura che qualcuno vi consideri diversi da quello che siete? Ed anche se fosse, a chi dovete dimostrare la vostra virilità? A voi stessi o al mondo che vi circonda?

Se a letto ci sapete fare, allora vi immaginate bene a dirigere un’azienda, ad intervenire in ambiti pubblici, o a “tuffarvi” in politica. I microfoni rappresentano la vostra protuberanza fallica, il vostro potere di controllo sociale. Ma avete mai provato a sbobbinare i vostri interventi, a risentirvi quando siete da soli, in camera da letto, con i riflettori spenti, senza nessuna platea disposta ad ascoltarvi? Potreste accorgervi di quanto siete noiosi, banali, ripetitivi ed inconcludenti. Ma questa é un’altra storia, della quale un giorno, forse, si potrà discutere……

Ci siamo anche noi, accanto a voi, cari compagni, se non ve ne siete ancora accorti. Oggi siamo belle, tranquille e responsabili. Domani potremmo essere incazzate, violente ed organizzate. Potreste un giorno risvegliarvi in una società diversa da quella attuale, nella quale le donne sono al potere e che potrebbero fare a voi ciò che voi “distrattamente” oggi fate a noi.

Immaginate un po’. Il 90% delle donne in Parlamento, donne leader, imprenditrici, manager, con tanti uomini, tanti soldi, e tanta voglia di godersi la vita. E gli uomini destinati a stare in casa, a fare i lavori più umili, a non poter decidere più su nulla, a dover essere derisi per i loro stupidi interventi pubblici, e costretti a prostituirsi per poter sbarcare il lunario. Un mondo così a voi sicuramente non piacerebbe, però non gratificherebbe neppure noi……

Gestire il potere é un qualcosa che richiede impegno, sacrificio, ma che causa anche stress, tensione e violenza. La stupida società gerarchizzata e sessista che contribuite a creare, pone anche voi all’interno di una scala di valori e vi impone il controllo assoluto sui vostri sentimenti e sulle vostre pulsioni più intime. Dover dimostrare agli altri di essere sempre belli, intelligenti, forti e sicuri, non é la cosa più gratificante del mondo… Ho visto tanti compagni stressati in questi anni, con la faccia triste e cupa come quella dei direttori d’azienda o dei ruspanti imprenditori berlusconiani, e sempre poco disposti al dialogo ed alla messa in discussione collettiva… E’ questa la rivoluzione per cui lottate, compagni?

Tanti vivono ancora con/per lo struggente ricordo degli indimenticabili anni ‘70. Qualsiasi cosa succeda, qualsiasi cosa si dica, di qualsiasi cosa si stia parlando…“noi nel ‘77 c’eravamo”, ti dicono… Ma adesso siamo nel ‘97, compagno, ed io non riesco più a comprendere il tuo linguaggio… Non importa, compagna, non importa che tu comprenda… Ed anche se non ti spiegano nulla, (non ti posso sintetizzare, compagna, quello che abbiamo vissuto; non ti posso raccontare, compagna, in due parole, quella che fu la storia della nostra storia, e poi, dove sono i giornalisti, dove sono i riflettori, dove sono le platee?…) pretendono stima, rispetto e considerazione. Nella peggiore delle ipotesi ti impongono anche prese di posizione che non ti appartengono, e che non fanno parte della tua storia. Ma dove sono, compagno, le lotte di cui mi parlavi? Qui non c’é più nulla di nulla; e c’é tutto ancora da reinventare. Ma adesso ti parlo di me, della mia storia, delle mie tensioni, dei miei progetti, compagno, e tu continui a non ascoltarmi… Non sei ancora stufo di parlarti addosso? Io cercavo di comunicare con te e mi ritrovo sola come al solito. Addio, compagno, non ho più voglia dei tuoi monologhi, dei tuoi silenzi e dei tuoi ruggiti. Adesso sono io che cerco da sola la mia storia, costi quel che costi.

P.S. Pur rivendicando appieno tutto quanto contenuto in questa mia parziale analisi del rapporto tra i centri sociali, le varie realtà antagoniste e la condizione della donna, occorre fare alcune brevi precisazioni. Innanzi tutto mi rendo conto che per necessità espressive e per semplificazioni linguistiche ho dovuto “forzare” alcuni passaggi e ho descritto una realtà sociale molto più schematica e dicotomica del reale. Ovviamente non tutti gli uomini e non tutte le donne sono come io li ho mostrati in queste pagine. Possono essere migliori o peggiori, ma sicuramente sono diversi. Io ho semplicemente cercato di estrapolare alcune situazioni “tipo” ed ho tentato di analizzarle. Una semplice osservazione potrebbe essere quella che se da un lato gli uomini si comportano in un certo modo, é pur vero che sono le donne che legittimano le loro azioni. Sarebbe interessante interrogarsi sul perché tante donne subiscono in silenzio, o perché tanti uomini continuino a riprodurre modelli di comportamento nei quali non si identificano appieno. Potrà comunque questo mio scritto servire ad un’ulteriore riflessione sull’argomento che mi auguro possa avvenire a breve.

Sarò comunque grata a tutte/i coloro che mi daranno suggerimenti utili, ed apporranno critiche valide e costruttive a questo mio piccolo e limitato contributo di analisi.

UNA COMPAGNA DEL MOVIMENTO. MILANO, MARZO 1996.

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